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03-07-2013

Le Province resteranno ?
La decisione della Corte Costituzionale sui DD. LL nazionali.



La Sala dei Comuni
della Provincia Regionale.

La Consulta ha dichiarato l'illegittimità di una serie di commi dell'art. 23 del decreto Salva Italia (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201) che secondo i ricorrenti avrebbe di fatto 'svuotato' le competenze delle Province, e gli articoli 17 e 18 del decreto legge n. 95 del 2012, sul riordino delle Province in base ai due criteri dei 350 mila abitanti e dei 2.500 chilometri di estensione.
Per i giudici della Consulta "Il decreto legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio". Alcune delle 17 Regioni nei loro ricorsi contro il Salva Italia hanno evidenziato come la normativa violerebbe vari articoli della Costituzione, attuando una riforma complessiva attraverso un dl il cui obiettivo è salvaguardare le finanze pubbliche (senza peraltro produrre, affermano, risparmi di spesa).
Per i ricorrenti la Provincia disegnata dal decreto non esercita più l'attività di gestione amministrativa, né le funzioni amministrative previste dall'articolo 118 della Costituzione.
Non è più un ente "esponenziale della popolazione provinciale", visto che sia il Consiglio sia il Presidente sono emanazione degli organi elettivi dei Comuni.
Il decreto 95 del 2012 è nuovamente intervenuto sulle funzioni, restituendo quelle di coordinamento e pianificazione territoriale, sul traffico e le scuole, ma rimangono dei punti critici come l'elezione degli organi elettivi, che secondo le Regioni "inciderebbero sulla rappresentanza democratica".
"La sentenza della Consulta - dice il Presidente dell'Upi Saitta - conferma che le riforme delle istituzioni costitutive della Repubblica non possono essere fatte per decreto legge.
Nessuna motivazione economica era giustificata e quindi la decretazione d'urgenza non poteva essere la strada legittima.
Per riformare il Paese si deve agire con il pieno concerto di tutte le istituzioni, rispettando il dettato costituzionale. Non si può pensare di utilizzare motivazioni economiche, del tutto inconsistenti, per mettere mani su pezzi del sistema istituzionale del Paese".
Considerato che la Regione Siciliana è a Statuto speciale e ha potestà legislativa esclusiva in materia, la decisione potrebbe non avere influenza da noi.
L'Ars ha approvato il riordino con una propria legge. Pendono però su essa i ricorsi già presentati alla Consulta dall'Unione regionale delle province siciliane.
Alla luce di questo primo pronunciamento la Sicilia poi potrebbe risultare l'unica ad aver intrapreso la strada dell'abolizione con risultati che potrebbero affossare le riforme e la gestione degli stessi enti locali.
Atti che, comunque, rischiano di essere dichiarati nulli. Il lavoro, allora, sul riordino diventa complesso e quasi impossibile.
Per questo la decisione di oggi della Corte Costituzionale potrebbe influire sul successivo percorso di riorganizzazione siciliano che prevede entro dicembre la nascita dei consorzi al posto delle disciolte province.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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